Sylvain Tesson nel 2011

Nelle foreste siberiane con Sylvain Tesson

Un noto scrittore e viaggiatore ha deciso di lasciare Parigi. Saluta gli amici, la fidanzata, il lavoro e gli impegni. Per sei mesi andrà a vivere in totale isolamento nelle foreste della Siberia, in una capanna di pochi metri sulle sponde del lago più antico del mondo, a 120 chilometri di distanza dal primo villaggio abitato, senza vicini di casa né strade di accesso.

Lo attende una solitudine differente da quella del navigatore o dell’alpinista che attraversano paesaggi e scenari: nei boschi ghiacciati l’uomo sta fermo e viaggia dentro se stesso, e la natura si gode lo spettacolo.

Questo è l’incipit di un diario molto particolare, scritto in Russia da Sylvain Tesson, sulle rive del lago Bajkal
che non sapremmo introdurre meglio. Isolamento nella natura: una scelta precisa per un desidero maturato nel tempo e che, a conti fatti, potrebbe essere alla portata di tutti, sebbene solo pochi riescano a coltivare e realizzare desideri tanto radicali.
Pur non essendo un viaggio, perché si tratta per lo più di un soggiorno, sembra che le cose viste e provate da Tesson siano ben più numerose e qualitativamente più profonde di quelle che possano prometterci le agenzie turistiche con i loro pacchetti di frenetici e compressi one-week tour.

Incredibile quanto l’uomo riesca a monopolizzare l’attenzione dell’uomo. La presenza dei nostri simili sottrae interesse al resto del mondo. La solitudine è la conquista che fa ritrovare il piacere delle cose.

Riflessioni che nascono a lume di una lanterna, spesso guardando fuori da una piccola finestra che si affaccia su un panorama che cambia continuamente, con lo scorrere dei giorni. Una natura che cambia i ritmi dell’uomo insieme alle le sue attività quotidiane, ma che lascia più tempo per assaporarle.

Per desiderare una capanna al centro di una radura bisogna aver prima sofferto d’indigestione nel cuore delle città moderne. Dopo essere rimasti paralizzati dal grasso del conformismo e invischiati nello strutto della comodità, si è maturi per il richiamo della foresta.

Un distacco profondo e fecondo che nasce appunto dall’aver esaurito ogni ispirazione in quelle città tutte troppo simili nel fornire risorse per il corpo e ben poche per lo spirito.
«La mia capanna è lontana ed io non so niente», recita un proverbio russo nato nella taiga. Con così poco in mano, cosa si potrebbe raggiungere se non la gioia?

Un diario potente come una rivelazione che non può mancare nella libreria dei viaggiatori dello spirito.

È bello sapere che da qualche parte in una foresta c’è una capanna dove è possibile qualcosa di non troppo distante dalla gioia di vivere. 

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